Hm, komisch. Dann poste ich mal sicherheitshalber alles, die Passage zu + Graber setze ich fett:
Mons. Karl-Josef Rauber, 76 anni ad aprile, tedesco, lasciata la nunziatura di Bruxelles, si è ritirato a Rottenburg, stupenda località del Baden-Württemberg (Germania) nelle vicinanze della celebre università di Tubinga, ospite delle suore dello Schönstattzentrum.
– Eccellenza, vorrei partire da un passo del suo contributo al volumetto La cosa più importante per la Chiesa del 2000 (EDB), che dice: «Rendere questa realtà trasparente (l’azione salvifica di Gesù Cristo per il mondo), di fronte a una direzione ecclesiale strutturata gerarchicamente ed eccessivamente piramidale, sarà compito che la Chiesa dovrà porsi anche nel terzo millennio» (75). A distanza di dieci anni è ancora dello
stesso avviso? «Certamente. La Chiesa è oggi eccessivamente piramidale».
– Lei ha conosciuto personalmente il card. Ratzinger?
«Lo conosco dal 1962, quando venne a Roma come teologo personale del card. Frings di Colonia e poi come perito conciliare. Alloggiava in un hotel vicino al Collegio teutonico di
via dell’Anima e veniva a prendere i pasti da noi. Io ero vicerettore del Collegio. Poi lui tornò in Germania e io rimasi a Roma. Era una persona molto gentile e cordiale. In seguito i nostri contatti divennero meno frequenti. Quando era professore a Regensburg,
Paolo VI gli chiedeva pareri su certe questioni e io ero incaricato di tenere i contatti. Una volta non lo vidi così cordiale, forse per influsso del vescovo di Regensburg, un conservatore, che lui stimava molto, tanto da dire: “Questi è il mio modello di vescovo”. Mentre in Vaticano quel vescovo non godeva di troppa simpatia da parte di mons. Benelli
e forse neppure dello stesso papa. Divenuto presidente della Pontificia accademia ecclesiastica ebbi modo di incontrarlo ancora, e più spesso, quando fui membro della Congregazione per i vescovi per tre anni. Fu la Svizzera a raffreddare i nostri rapporti. Una volta, come nunzio, mi invitarono a una riunione di preti e di laici. Erano circa 250 persone. Trattai il rapporto Chiesa universale – Chiesa particolare. Alla fine mi fu posta una domanda sul celibato. Risposi: “Non credo che cambierà qualcosa sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, poi lo Spirito Santo ci guiderà”. Tutto qui. Non so in base a quali informazioni l’allora card. Ratzinger mi abbia segnalato alla Segreteria di stato perché
criticavo la disciplina ecclesiastica. La cosa si ripeté quattro volte. Un’altra
volta perché avrei parlato male del vescovo di Coira, Haas, denigrando la
sua persona. E ancora, in occasione dei 70 anni del vescovo ausiliare di Vienna,
mons. Kratzl, perché nell’omelia avevo accennato alle sofferenze del vescovo
causate da gruppi conservatori viennesi. Per fortuna che in Segreteria di stato
mi conoscevano bene, altrimenti avrei ricevuto un ammonimento o addirittura
sarei stato allontanato».
– Ritorniamo all’immagine della piramide.
«Il papa è uno studioso, una personalità limpida. Ma non s’interessa delle questioni amministrative, che lascia al card. Bertone. Non ne sono meravigliato. Era così anche a Monaco. Penso che sia a conoscenza dell’apparato curiale e potrebbe fare una seria riforma della curia. Ma il suo interesse è sempre stato quello di studiare e scrivere».
– Però interviene di persona nella nomina di certi arcivescovi e vescovi.
«Questo sì. Anche Giovanni Paolo II lo faceva. Ad esempio, in Ungheria, dove sono stato nunzio, intervenne personalmente per nominare mons. Erdö arcivescovo di Esztergom-Budapest. Lo creò cardinale mentre il predecessore, il card. Paskai, non aveva
ancora ottant’anni. Certamente mons. Erdö, ausiliare di Szekesfehervar, era
brillante, ottimo rettore dell’Università cattolica di Budapest; ma io avrei atteso un po’. Questo sembra ripetersi oggi con mons. André Léonard, nominato di recente arcivescovo di Malines-Bruxelles».
– Volevo parlarne con lei, nunzio in Belgio e Lussemburgo fino a poco
tempo fa.
«Mons. Léonard non era entrato nella terna. Dalle nostre inchieste vi erano altri più graditi. Quando dalla prima terna è stata tolta una persona perché ritenuta troppo anziana, non è entrato neppure nella seconda terna. È chiaro allora che “in alto” hanno voluto così».
– Lei lo conosce bene?
«Molto bene. Personalmente non ho niente contro di lui. Ha un forte ascendente sui laici, sui giovani, meno sul clero, tanto che, fatto vescovo di Namur, gli hanno posto accanto il vescovo ausiliare, mons. Pierre Warin, molto benvoluto dai preti. A Namur ha incontrato molte difficoltà. È certamente una persona fedele a Roma, fedelissima. È intelligente, sa parlare molto bene, conosce molte lingue, è un filosofo interessante, manda sempre i
suoi libri al papa. Personalmente, tuttavia, non lo vedo del tutto adatto per Bruxelles. Avrei preferito un ausiliare di Danneels».
– E in questa vicenda, che ruolo ha giocato il card. Danneels?
«Con il card. Danneels ho parlato molte volte, conosceva i nomi della terna e sapeva che non vi figurava il nome di Léonard».
– Dunque una sorpresa?
«Ha fatto buon viso a cattivo gioco, come si dice. Certamente avrebbe preferito un altro, uno dei suoi ausiliari, molto stimato dal clero, con il quale Léonard potrà avere difficoltà d’intesa, essendo un accentratore».
– Il papa l’ha voluto per cambiare il corso di Danneels?
«Questo non lo so. Danneels e Benedetto XVI hanno certamente orientamenti diversi».
– E quali sono state le reazioni in Belgio alla nomina di Léonard?
«Non sono molto al corrente. So che il re ha manifestato perplessità. Ma credo che Léonard si darà da fare per cambiare la sua immagine. Sa stare in pubblico. D’altronde è stato un bravo professore e sa proporsi alla gente. Roma ha collocato sul posto una persona obbediente».
– Da quanto so, come nunzio lei non ha avuto sempre fortuna nella nomina
dei vescovi.
«È vero. In Ungheria ho sbagliato la nomina dell’ordinario militare. Si trattava di una brava persona, di un personaggio interessante e carismatico, ma poi, innamoratosi, ha lasciato l’ordine sacro e si è sposato. In Svizzera ho avuto il caso del vescovo di Basilea, Vogel,
che ha lasciato anche lui. La diocesi è stata punita. Per un anno è stata lasciata senza vescovo. Ho avuto tante difficoltà per la nomina del successore, il teologo Kurt Koch. Io lo conoscevo bene, ma Ratzinger no, e dovetti mandargli tutti i suoi libri. Finalmente Koch
fu nominato vescovo ed è una persona eccellente».
– Siamo a Rottenburg, dove fu vescovo dal 1989 al 1999 Walter Kasper, oggi in primo piano tra i cardinali di curia.
«Ratzinger e Kasper sono teologicamente diversi, non so se vi sia amicizia tra loro, ma certo grande rispetto».
– Vorrei ritornare ancora alla sua attività nella diplomazia vaticana. Per quanti anni è stato al suo servizio?
«Sono stato in servizio per ben 43 anni, di cui 26 come nunzio. Il più bel periodo l’ho trascorso con mons. Benelli, di cui sono stato segretario per dieci anni. Era un uomo eccezionale e strano. Urlava, ma aveva un grande cuore. Conosceva bene l’arte della diplomazia, un conservatore intelligente».
– Come giudica l’attuale stato della diplomazia vaticana?
«Ritengo la diplomazia vaticana molto importante, ma vedo che oggi nelle organizzazioni internazionali il suo ruolo è diminuito. L’Europa, l’America non sembrano darle molto ascolto, forse anche perché è la Chiesa stessa che in questo momento sta attraversando
un po’ di turbolenza. Si vedano i casi di pedofilia negli USA, in Irlanda e adesso anche a Berlino. Il card. Bertone non viene dalla diplomazia anche se è stato un ottimo segretario della Congregazione per la dottrina della fede. Certo non sono più i tempi di Casaroli e Silvestrini, che hanno fatto la storia della diplomazia vaticana di fronte alla sfida del comunismo e al muro di Berlino».
– Quando, anni fa, le feci visita a Budapest, lei mi parlò di un confronto duro con il card. Sodano, allora segretario di stato.
«È stato per l’affare Haas. A parere di Sodano, Haas era giusto per Coira, nonostante l’opposizione del clero. Mi ero consultato con tutti i vescovi e avevo sentito cinquecento persone. Sodano si arrabbiò perché mi ero permesso di consultare i vescovi, ricordandomi
un passo di Gregorio Magno, che diceva che non si deve interferire nelle diocesi. E io, come nunzio, che dovevo fare? Gli ho risposto citandogli papa Giovanni XXIII che diceva che le difficoltà non erano dovute ai bulgari, ma alle autorità vaticane. Adirato mi spedì
a Budapest. Si trattava di punti di vista. Adesso con me è molto gentile. A Natale,
con mia grande sorpresa, mi ha persino telefonato. Si sa come sono andate
le cose con Haas».
– In Belgio ha dovuto affrontare ostilità a motivo delle espressioni del papa riguardo alla prevenzione dell’HIV/AIDS. Come ne è uscito?
«Il papa si era pronunciato contro l’uso dei condom nel viaggio in aereo verso l’Africa. Fui preso di mira, tanto che si voleva dichiararmi persona “non grata”. Quando lasciai Bruxelles, a fine mandato, non diedi neppure il saluto ufficiale. Andai dal re, ma non dal presidente del Parlamento. Me ne andai in silenzio».
– Che cosa pensa di tutti gli anni passati a servizio della Santa Sede?
«Sono stati anni interessanti».
– E allo scadere dei 75 anni se ne è andato.
«Per la verità in Segreteria di stato volevano che restassi ancora per un po’, ma non ho accettato. E mi trovo qui dalle suore. Devo tanto alla Santa Sede, anche se non sempre sono stato ascoltato, soprattutto riguardo alle nomine dei vescovi. Certo sono rimasto
dolorosamente sorpreso per alcuni avvenimenti. Penso al caso dei lefebvriani, alla non trasmissione al papa delle informazioni su Williamson. Qualcuno è stato davvero superficiale».
– Vogliamo terminare questa conversazione con quello che lei scriveva dieci anni fa: «La Chiesa, in quanto popolo di Dio e misterioso corpo di Gesù Cristo, ma anche in quanto “Ecclesia semper reformanda”, nella sua attività pastorale, missionaria ed ecumenica
dovrà rendersi sempre più conto che deve seguire l’umile invito alla partecipazione
ad esso, vale a dire alla pienezza dell’amore salvifico di Dio, che si concentra in Gesù Cristo» (La cosa più importante per la Chiesa, 75).
«Ne sono ancora più convinto di allora».
[a cura di
Francesco Strazzari]